Alta cucina. In Calabria l’espressione nouvelle cuisine o alta cucina è solo un agglomerato di sillabe dal significato oscuro e sicuramente poco rassicurante, soprattutto in termini di sostanza. La vita in Calabria si misura con la quantità e questa non scende mai sotto i 200 grammi, se si tratta di pasta .Va semmai a salire. Non esiste l’eccesso, perché tutto è “buono e benedetto”.
Il pane è salato. E’ certezza incontrovertibile. E’ il significato gastronomico de’ “la terra gira attorno al sole”. Il contrario non è contemplabile e sarebbe davvero preso in Calabria come eresia. I cosi bboni hannu e d’essara cunduti (le cose buone devono essere condite!).
Peperoncino a go go. Al primo posto della Tavola delle Leggi c’è il comandamento: “non c’è altra spezia al di fuori del peperoncino”. Non smonterete mai il credo di un calabrese. ↓
E altri condimenti. Il calabrese è poi molto pignolo sui condimenti del cibo. Devono dare soddisfazione al palato, rendere giustizia alla materia prima, marcare i sapori. Niente panna e besciamella: sarebbero come la coltre di nuvole che oscura il sole. Roba nordica che smorzerebbe la gioia di vivere del gusto meridionale.
Non c’è morzeddhu senza pitta. Se volete stupire un calabrese o onorare le sue radici cucinando il morzeddu – pilastro della tradizione gastronomica catanzarese e monumento assoluto– non dimenticate mai e poi mai di servirlo nella pitta.
Feste in piedi. Avete programmato un buffet e tra gli invitati ci sono dei calabresi? Sappiate che rischiate una valanga di critiche alle spalle e di passare come barbari. Si mangia a tavola! Il pranzo va goduto rigorosamente da seduti, in piedi mangiano i cavalli.
Robe di Pizzo. A proposito del gelato tartufo, non fate la gaffe di dire che è il dessert inventato da una nota azienda specializzata in gelati confezionati. Il tartufo è solo ed esclusivamente quello delle gelaterie di Pizzo. Punto e basta.
Salumi e buoi… Fare dono delle specialità della propria terra è oramai usanza trendy. Non provate a regalare però ad un calabrese un salume. Più che un’offesa verrebbe accolta come un’onta. Il salume è l’orgoglio calabrese.
Parmigiana di melanzane. Quando arriva l’estate, tra un tuffo e l’altro, il calabrese doc onora la tradizione di tirare fuori dalla borsa del mare la parmigiana di melanzana, che si trovi sulla spiaggia, sugli scogli o sulla barca. Sotto il sole, snack migliore di questo non ce n’è. Non provate a sostenere che la frutta o un ghiacciolo siano un’abitudine più sana, sareste bollati come quelli che non capiscono niente.
Le Rosse. Per il calabrese esiste un solo tipo di cipolla: quella rossa di Tropea. Provate a contraddirlo.
L’omaggio. Se non volete incorrere in incidenti diplomatici, non rifiutate mai qualsiasi cosa possa offrirvi un calabrese in segno di ospitalità, che sia il liquore alle 10 del mattino o il peggiore dolce fatto in casa. Cercate di accondiscendere eroicamente, non è consigliabile urtarne la sensibilità.
Pane rovesciato. E’ una superstizione diffusa nella nostra Penisola, in Calabria però il pane rovesciato a tavola è un segno di sciagura da codice rosso, da pronto intervento del 118, da esorcista.
MAI e poi “MAI” diluire il vino. Con acqua, aranciata, sprite o qualsivoglia bevanda… Altro che da 118. È da jestima!! Offesa gravissima.
Olio. Ebbene sì, quello calabrese è il migliore del mondo. Tenetelo bene in mente quando parlate con un calabrese e l’argomento si sposta sul tema agroalimentare.
Ci siamo dimenticati qualcosa, amici calabresi? fonte: agrodolce.it↓