Ciao Calabria, non so se tornerò mai, ma so che non mi stancherò mai di parlare di te.
Cara Calabria, nove anni sono passati senza il profumo del mare.
Quando penso a come me ne sono andata – con la scusa di tutti, “qui non c’è lavoro“, mi sento una traditrice.
Una di quelle che non ha neanche il coraggio di lasciare faccia a faccia, ma lo fa per telefono, quando sei già al sicuro tra le braccia di un altro.
Cara Calabria, sono andata via perché non ho creduto che le cose sarebbero cambiate.
E così ho preso un treno e sono partita, costruendomi una vita lontano da casa e dalla mia famiglia.
Quando penso a cosa ho lasciato, mi sento in colpa.
Avrei potuto rimanere e cambiare un po’ le cose: farlo per me, per i miei fratelli e per i miei amici.
Eppure, mi dico, loro sono rimasti.
Cara Calabria, ho il rimorso di non aver fatto nulla per cambiare le cose.
E così guardo da lontano le tue colline, le tue spiagge incontaminate, i sorrisi di chi mi ha cresciuta. (continua) ↓
Cara Calabria, di te mi mancano soprattutto gli odori e i sapori. La tavola che diventa momento di incontro.
L’abbraccio di mamma e papà.
Angoli e strade che ho percorso da bambina. Le olive pestate dalla pietra. Il pesce che arriva direttamente da mare.
Cara Calabria, ripenso ai 23 anni che ho vissuto nel tuo verde e ringrazio per la sensazione che mi stringe lo stomaco quando dall’aereo riconosco le tue coste.
Per la rabbia che mi fa sapere che mafia e territorio – cultura, salute, ambiente, amministrazione pubblica – sono un matrimonio che nessuno riesce ad annullare.
Cara Calabria, non so se tornerò mai ma so che non mi stancherò mai di parlare di te, del profumo delle arance, della fragola appena nata nel giardino e della mia nostalgia.
E sarà in quel momento che ricorderò cosa vuol dire davvero la parola “casa”. ↓