A storia chi vi cuntu è a vita r’u scarparu, u vinu r’ibuttigghj imbiviva paru paru.
Un solo paio di scarpe, dozzinali e resistenti, rinforzate nella suola e nei tacchi con i chiodini.
Le strade non asfaltate, piene di pietre appuntite, vetri e”puntini”, che contribuivano ad una loro rapida rottura. E poi grazie al suo intervento tutto tornava come nuovo. Questo era “u scarparo”
Lui era sempre sbarbato e in ordine. Nel suo banchetto di lavoro carico di vari piccoli attrezzi era capace di costruire e ricostruire, scucire e ricucire.
Nella sua bottega si sentivano gli odori più strani: colla, pece, grasso cromatina.
Capitava di sentirlo parlare per ore e ore, ma non distoglieva mai lo sguardo dalle sue creature. ↓
La sua arte
Pensate che per avere minori costi “u scarparu” ricavava da sé i materiali di lavoro: dal lino otteneva ‘u spacu” (lo spago); dalle setole del maiale i ‘nziti, da una costola d’animale ‘u stuccuneddu, dal legno di bosso ‘u bussettu”, che serviva a lisciare la superficie della suola.
Le sue ore di lavoro iniziavano all’alba e terminavano a sera inoltrata fino a quando non spegneva l’ultima sigaretta e la luce di un lume alimentato ad acetilene.
Purtroppo oggi è in via di estinzione, anche se in giro qualche grande artigiano rimane ancora.
Ma questa è storia di altri tempi. In questa sede volevamo solo omaggiare la figura “du scarparu”.(sudsenzaeta) ↓
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